Ieri il Grande Nano è partito per la sua prima gita scolastica con notte fuori (da quest’anno mi ci dovrò abituare alla velocità della luce).
La sveglia è suonata alle 5.30. Un controllo rapido della valigia, le ultime raccomandazioni, un saluto e via verso il ritrovo al pullman.
Complice un’alba di tutto rispetto mi sorprendo assorta in un mare (o dovrei dire lago?) di riflessioni.

 

Prima fra tutte è che a volte vorrei essere come mio marito con la sua grande capacità di pensare ad una cosa alla volta, senza sfumature, neanche cinquanta di grigio.
Per lui gita uguale gita.
Per me gita uguale a : preparazione borsa con abbigliamento adatto ad affrontare qualsiasi condizione atmosferica e qualsiasi tipo di imprevisto, organizzazione medicine e documentazione dettagliata per gli insegnanti con piano terapeutico in caso di emergenza, varie ed eventuali (la parte più complicata), ansia.

Un episodio, accaduto l’altro ieri, in particolare mi ha fatto riflettere.
In classe i compagni di mio figlio hanno discusso di come dividersi per la notte nelle camere e si sono organizzati per una festicciola a suon di bibite e patatine, escludendo completamente “quello nuovo”. Come se non esistesse, come se questa cosa non lo facesse stare male fino a piangere di dolore. Si chiama bullismo, se non lo sapete cari ragazzi, ve lo dico io. E anche care mamme.
Ma si sa il gruppo è il gruppo e prevale sull’individuo. Pur di piacere al gruppo si calpesta chi, pur conoscendoti da poco, ha creduto in te, ti ha voluto bene, ti ha difeso di fronte a chi ha cercato di farti del male e ti ha sostenuto nei momenti di difficoltà.
Ma non voglio entrare nel merito, lui sa che questa situazione è provvisoria e conosce il valore dell’amicizia, il rispetto, la stima e la disponibilità reciproca, e non a senso unico, che servono per essere veri amici. Di questo ne sono sicura, glielo insegno da quando era piccolo. Io per prima ci credo veramente e cerco di dimostrarlo con i fatti.

La mia riflessione è andata oltre ed è arrivata fino a me. Anch’io non ho avuto grandi occasioni per fare amicizia da quando vivo in trasferta o forse semplicemente non le ho cercate. Nel mio caso se c’è un colpevole sono io.
Però non mi sento mai sola, pur nella mia solitudine. Da questo punto di vista sono fortunata.
Sento di aver costruito negli anni legami che sanno andare oltre alle distanze e al tempo che passa.

Oltre a questo ho cercato di sfruttare le potenzialità della rete e, inseguendo i miei sogni e lavorando sui miei progetti, ho conosciuto on line bellissime persone, alcune delle quali sono magicamente diventate amicizie reali.

So che posso sempre contare sull’appoggio di qualcuno in qualsiasi momento, so che se dovessi scrivere ad un’amica “Ho bisogno di te” non dovrei aspettare più’ di trenta secondi per ricevere la sua telefonata e per l’attivazione di un team di risoluzione del problema. Cerco di non farlo, ma so che potrei. E non è poco.

 

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So che se questa mattina partissi per una gita questa notte sarei in camera con qualche Amica a ridere, a bere birra e a mangiare patatine. Tutto quello che sogno in questo giorno per mio figlio, birra esclusa.