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Don’t worry, be sad!

Sono due o tre giorni che rimando la scrittura di questo post.
Sono due o tre giorni che sono un po’ triste e col morale un po’ basso e faccio fatica ad impegnarmi a scrivere qualcosa che vorrei fosse positivo, incoraggiante e piacevole per chi lo leggerà.
Però, insomma, la vita è fatta così e a volte, semplicemente, ci si sente tristi per nessuno e mille motivi nello stesso momento e c’è davvero poco da fare.
Non riesco a fingere, chi mi conosce lo sa. E, se c’è qualcosa che non va, me lo si legge chiaro in faccia. Per quanto possa sforzarmi di sorridere (o almeno provarci!).
E allora ho deciso che va bene anche sentirsi così ogni tanto, che ne ho diritto e che non mi devo per forza giustificare o sentire in colpa per questo.
La tristezza non è solo un sentimento negativo. Non per forza è generata da problemi gravi  e insuperabili. Semplicemente certe volte arriva e più che sforzarsi di combatterla e nasconderla a tutti gli altri (che è davvero una grande e inutile fatica!), è più corretto ascoltarla, “viverla”: magari cercando di capire se un motivo o una ragione a questa sensazione c’è.
E non vuol dire crogiolarsi nella disperazione e lasciarsi sopraffare da sentimenti negativi, significa semplicemente permettere a noi stessi di “sentire” veramente ciò che proviamo.
E’ nostro sacrosanto diritto essere un po’ musoni ogni tanto, senza per questo dover temere di scontentare nessuno.
E’ nostro sacrosanto diritto avere voglia di un po’ di tempo per noi, di non avere nessuno intorno, di non dover raccontare nulla di ciò che stiamo provando.
In una società che ci impone quasi sempre di essere al meglio di noi stessi, senza mai poter avere un attimo di dubbio o debolezza, perchè ogni attimo della nostra vita è documentato, che ci pone costantemente davanti al confronto con immagini di persone felice e sorridenti…sembra quasi che sentirsi tristi ogni tanto debba essere considerata una cosa di cui vergognarsi.
E non c’è nulla di più sbagliato! Così rischiamo solo di soffocare questi sentimenti, che invece hanno tutto il diritto di essere ascoltati e compresi, non rinnegati o addirittura ignorati.
Anzi, a volte, ‘accettare’ la nostra tristezza per un breve periodo può essere una cosa buona, perchè aiuta a fare un po’ di chiarezza, a ripensare meglio a ciò che ci fa stare così, a prenderci una pausa e a rallentare un attimo. E’ poter dire: “Voi andate pure, io vi aspetto qui”. Smetto un attimo di correre e affannarmi e recupero fiato ed energie.
A volte serve per mettere a fuoco il vero centro dei problemi. 
‘Accettare’ la nostra tristezza alla fine assomiglia molto ad una delle ‘fughe’ di cui tanto spesso parliamo in questo blog: arrendersi un po’ alle correnti avverse, lasciarsi trasportare, senza opporre troppa resistenza. A volte la meta finale e inaspettata è ancora meglio di quella originale.
A volte serve essere un po’ tristi per capire quanto è bello essere davvero felici.
Dopo tutto, oggi sono triste e ‘voglio’ sentirmi triste, ma domani (come nel finale di ‘Via col vento’) ‘è un altro giorno’ e sono certa che, in ogni caso, lo affronterò con il sorriso.

 (P.s. Il ‘modello’ della foto è Byron, il bellissimo Frenchie di Barbara: nonostante la sua espressione un po’ triste, vi assicuriamo che è un cane felice e tanto amato! E’ solo molto bravo ad interpretare la parte!)

Rete e solidarietà

Raramente esprimo opinioni troppo personali sui social, preferisco utilizzarli per trascorrere del tempo In compagnia di persone a me affini, in serenità e in allegria.
Probabilmente avrò appiccicata addosso l’etichetta di persona ignorante.
Non ignoro (tantissime cose sì, eh), ma proprio perché le mie idee hanno radici solide e nascono da valori e convinzioni radicate non intendo metterle in un post e rimanere seduta e vederle lapidare a colpi di pietre che poi anche a pc spento, lo so, pesano come macigni.
Ogni tanto però mi capita di leggere conversazioni interminabili su temi importanti e di provare una voglia irrefrenabile di scrivere, insieme a quello degli altri, il mio pensiero. “Mi prudono le mani”.
Leggo frasi e parole che mi feriscono e penso a chi, magari più debole, possa veder minata la propria autostima.
Si parla di cyber bullismo fra gli adolescenti, ma si dimenticano insospettabili pseudo professionisti che lanciano bombe e nascondono la mano. E nel mondo  reale sorridono e ti danno una pacca sulla spalla.
Essendo “ignorante”, come dicevo, non entro nel merito, ma voglio fare una breve riflessione personale che si aggancia ad un post che ho letto di recente su Leading Myself che ha come oggetto l’intervista a Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato.
Alla fine dell’intervista Valeria Fedeli lancia un augurio allo staff di Leading Myself e alle donne: fate rete e siate solidali.

Questa frase mi gira in testa da qualche giorno.
Ma cosa significa davvero fare rete? Siamo sincere quando stabiliamo delle connessioni e creiamo delle relazioni, se pur virtuali?
Le nostre reti hanno un valore umano o diamo loro vita in previsione di un eventuale ritorno?
E cosa vuol dire veramente essere solidali?

 

La solidarietà si innesca solo quando si pensa di avere in cambio qualcosa?
Cos’é la vera condivisione?
Mettiamo davvero in circolo il meglio di quello che abbiamo e che siamo oppure ci nascondiamo dietro a vecchi o finti contenuti inutili e cedibili?
Siamo davvero liberi di esprimerci come meglio crediamo?
Esprimerci come meglio crediamo vuol dire porsi su un piedistallo e sparare a zero su tutto ciò che ci sembra più in basso di noi?
A parte essere tutti “Charlie per un giorno”… negli altri 364 chi siamo?

 

 

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