Mese: Aprile 2015 (Pagina 1 di 3)

La “fuga” è, anche, uno stato mentale

Semplicemente, ci sono giorni in cui “fuggire” sarebbe l’unica soluzione possibile…non sempre però possiamo andare lontano.
In quei giorni prova a “fuggire” in un luogo vicino che magari hai sempre dato per scontato, magari il parco dietro casa…
…osserva…
…pensa…
…cammina…
…puoi andarci in compagnia…
…proprio di tutti…
…e lasciare ognuno alla sua occupazione…
Lascia scorrere i pensieri…la “fuga” è, anche, uno stato mentale.

Imparare a lasciare andare.

Stiamo organizzando una fuga, qui.

In questo caso non è la mia, ma quella di mia figlia maggiore, Alice, che questa estate raggiungerà la sua ‘zia d’America’. Mia cognata infatti vive ormai da quindici anni negli Stati Uniti, in California: partita subito dopo la fine dell’università per un corso di lingua intensivo di qualche mese, alla fine praticamente non è più tornata. Si è innamorata dell’America (e anche di un americano!) e ha deciso di vivere lì.
Quest’estate Alice andrà finalmente a trovarla e resterà da lei per circa due mesi durante le vacanze estive. Sarà ospite della zia ma la sua non sarà solo una vacanza: lavorerà e si darà da fare per vivere il più possibile un piccolo pezzo del suo ‘sogno americano’.
Tutti abbiamo avuto questa fase prima o poi.
Sognare di mollare tutto e partire per l’America.
Ora Alice ne ha concretamente l’occasione e, nonostante sia felice ed emozionata per lei, non posso nascondere a me stessa le mie ansie e preoccupazioni.
Alice e Giorgia (quando avevano rispettaviamente 8 e 6 anni)
Scherzando le diciamo sempre di non fare come la zia, che deve assolutamente tornare perchè altrimenti andremo noi direttamente a recuperare!
Ovviamente non ho nessun dubbio sul suo ritorno (anche perchè davvero me la andrei a riprendere io direttamente!!), ma da brava mamma italiana mi ritrovo ad avere un po’ di paura, ad essere un po’ spaventata per questa sua grande e fantastica avventura.
E’ un sentimento che provo sempre più spesso ultimamente. I miei figli crescono, diventano ogni giorno più grandi e più indipendenti e sto cominciando a convivere ogni giorno con queste sensazioni ed emozioni. E’ qualcosa che vivo da sola: non voglio trasmettere loro paure e angosce inutili. 
E’ il processo naturale e inarrestabile della crescita. Sarebbe sbagliato se fosse altrimenti, se tentassi di tenerli inutilmente dipendenti a me.
Eppure.
Eppure, la paura di vederli crescere e diventare grandi e indipendenti c’è.
Eppure, dentro il mio cuore di mamma cerco di vivere ognuna di queste piccole e grandi esperienze con serenità. Cerco di essere felice per Alice, per tutti loro e i loro piccoli sogni che si avverano, il loro diventare grandi ogni giorno di più.
Non è forse la stessa sensazione che abbiamo provato vedendo nostro figlio camminare per la prima volta da solo? Vedere il suo passo farsi sempre più sicuro, vedere che ad un certo punto si è sentito abbastanza forte da lasciare la nostra mano?
La mano che fino al momento prima era necessaria ed indispensabile per riuscire a stare in piedi e a camminare. Ora invece la lasciano, e noi li vediamo percorrere i loro primi passi incerti in piena autonomia e con un sentimento fortissimo di gioia e paura nel cuore.
Alice e Davide (ad 8 e 4 anni)
Questa sensazione accompagna tutta la nostra vita di mamme, di genitori.
Questa paura, mista alla felicità. Queste emozioni con cui dobbiamo, inevitabilmente, imparare a convivere. 
Ricordo ancora benissimo il momento in cui Alice ha iniziato a camminare: aveva undici mesi e non restava seduta un secondo. Continuava ad alzarsi, a provare a fare piccoli passi aggrappandosi ai mobili, al divano, al tavolino del salotto. Mi obbligava a percorrere km tra la sala e la cucina attaccata alla mia mano. Ricordo benissimo la sensazione della sua manina dentro la mia, ricordo altrettanto bene il momento in cui poi ha deciso di staccarsi per provare a camminare tutta sola.
Ricordo il suo passo incerto, il sederino traballante nel pannolone, ricordo soprattutto che un certo punto si è girata verso di me e mi ha fatto uno dei suoi lunghi, bellissimi, meravigliosi e sdentatissimi sorrisi. 
E quel sorriso voleva dire tantissime cose: voleva dire “guarda mamma, ce l’ho fatta da sola!”, voleva dire “grazie mamma che mi hai aiutato e sostenuto fin qui!”.
E in quel momento quel sorriso era davvero tutto ciò di cui avevo bisogno.
E so già che il giorno della partenza, quando l’accompagneremo in aereoporto e la saluteremo con il cuore pieno di gioia e anche di paura, dopo aver percorso qualche passo lei si girerà e ci sorriderà.
E quel sorriso sarà ancora tutto ciò di cui avrò bisogno. 
Io e Alice a Praga nel 2012
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