Ora vi dico come è andata.
Da bambina scrivevo sempre: poesie, racconti, canzoni. Sempre.
Ai tempi della quinta elementare le maestre parlando con mia madre le consigliano di permettermi di diventare scrittrice o giornalista. Il mio tema d’esame fa il giro di tutta la scuola e io riscuoto un successone. Mi vedo già, proiettata nel futuro, ad autografare libri.
Ai tempi della terza media le professoresse parlando con mia madre le intimano di farmi frequentare un istituto professionale e di farmi andare a lavorare il prima possibile. Scrive bene le dicono, ma NON HA VOGLIA DI STUDIARE.
Improvvisamente mi vedo fallita prima ancora di iniziare.
Ignorando consigli e ordini, io scelgo di frequentare l’istituo tecnico commerciale ad indirizzo programmatore (i motivi sono da ricercarsi in dinamiche familiari perverse che vi risparmio). Mia madre non crede abbastanza in me e non fa nulla per farmi cambiare idea, a mio padre non sembra vero in un’epoca in cui quel tipo di scuola dava ottimi sbocchi professionali (a ragion veduta).
Boato del consiglio di classe che fa tremare i muri della scuola e convoca immediatamente i miei genitori e, non ascoltato, arriva a scrivere una vergognosa sentenza addirittura sulla pagella finale: la ragazza potrà frequentare solo un istituto professionale.
Ragioneria? Ma siamo pazzi?
Sì, col senno di poi, pazza lo sono stata veramente.
Mi sono diplomata nei cinque anni canonici, senza mai esami a settembre, dimostrando al corpo insegnanti che tutto si può fare e che anche una ragazza di dodici anni ancora acerba può sbocciare e seguire qualsiasi strada. Anche quella più sbagliata per lei e per le sue capacità.
Mi sono diplomata nei cinque anni canonici, senza mai esami a settembre, dimostrando al corpo insegnanti che tutto si può fare e che anche una ragazza di dodici anni ancora acerba può sbocciare e seguire qualsiasi strada. Anche quella più sbagliata per lei e per le sue capacità.
LA VOGLIA DI STUDIARE E’ ARRIVATA, nonostante tutto e tutti.
All’università ho girovagato passando da un corso ad un altro ormai senza identità. Un’aspirante scrittrice che studia numeri e risolve problemi non va lontano.
L’unico rimpianto che ho nella vita è quello di non essermi laureata per essermi persa per strada.
Ma mai dire mai.
Ovviamente negli anni ho smesso di scrivere., ad eccezione di lunghe ed elaborate e-mail.
Ho lavorato sempre in ambito commerciale e ho sviluppato un sacco di abilità utilissime, ma non ho dato respiro alla mia antica passione.
Circa una trentina d’anni dopo la pentola in ebollizione ha fatto saltare il coperchio. E così quella bambina di dieci anni è tornata per ammonirmi. La voglia di scrivere è tornata prepotente e io vi annoio con le mie storielle.
Abbiate pietà.
Ora vi racconto come sta andando.
Il mio secondogenito scrive sempre. Racconti e cronache sportive prevalentemente.
Lo guardo sdraiato sul divano con i suoi quadernoni pasticciati e a volte alla scrivania al computer. Questa settimana ha iniziato a seguire un laboratorio chiamato “Giornalino” a scuola, è l’unico della sua classe e gli hanno affidato la rubrica dello sport. Ormai gira perennemente con un blocco e una penna. Non studia la grammatica ma viaggia con una media del dieci.
NON HA VOGLIA DI STUDIARE dicono. Vero.
Questa frase mi fa venire i brividi. Ma ora ho imparato a prenderla con le dovute precauzioni.
La voglia di studiare arriverà, nonostante tutto e tutti.
Io sarò lì ad aspettarla e la aiuterò ad andare nella giusta direzione.
Niente dinamiche familiari perverse, niente giudizi affrettati, niente consigli e niente ordini.
Le sentenze possono cambiare il corso di un’esistenza. Prendiamole con le pinza. Osserviamo e ascoltiamo i nostri figli.
(Post scritto dopo un litigio con il secondogenito durante la preparazione di una verifica di geografia)
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