Mese: Novembre 2014 (Pagina 3 di 4)

Cammina e immagina di correre

Sono una di quelle che dopo una corsa, anche breve, non può postare il selfie post allenamento su Facebook.
Potrei passare dal rovinarmi la reputazione definitivamente allo spaventare qualcuno con relativa segnalazione a Mark Zuckerberg.

Chiedete alle mie Amiche del gruppo #runningformommies, fonti costanti di energia ed ispirazione, se ne hanno mai visto uno. Le stimo e rispetto troppo per fare loro questo.

Io di solito posto le mie bellissime Brooks alle quali di recente ho “messo le ali” di #rarepartners. Corri e immagina di volare è il  loro bellissimo slogan.
Cammina e immagina di correre penso io,  come un mantra.

Già perché io sono una diversamente runner. Sono attempata e molto malconcia.

Ho iniziato a correre a quasi quarant’anni sapendo che non avrei dovuto iniziare, a causa di una debolezza congenita di un bronco e di un’asma cronica.
Dopo sei mesi, e qualche modesto risultato, ho scoperto di avere un’ernia che mi ha costretto ad uno stop, alla fisioterapia e alla Tecarterapia.
Da allora però faccio correre tutti, amici, conoscenti e sconosciuti. Incontro qualcuno, mi presento e lo convinco a correre. Divulgo la parola della corsa. Funziona quasi sempre. Il brutto è che poi mi superano tutti. O il bello.
Il fatto è che io ci credo veramente. Per me il running non è uno sport, è una filosofia di vita.
Quello che la corsa ha fatto per me è salvarmi da un destino segnato, strapparmi alle mie cattive abitudini, convincermi che tutto è possibile.
Basta volerlo, basta “darci dentro”.
Non si bara, in questo sport, qui vale la meritocrazia.
Lavori sodo, ottieni i risultati.
Nessuno sconto.
Correre è fatica, è lavoro su se stessi, sul proprio corpo e sulla propria mente.
I benefici della corsa sono noti e non è questo post la sede per fare un elenco dettagliato (magari in un altro), ma posso dirvi perché io corro, perché anche zoppa e con il Ventolin in tasca, con il caldo e con la pioggia rischiate di vedermi in giro e di farvi quattro risate.
Per come mi sento dopo. In pace con l’Universo, Nessuna traccia di stress o pensieri nocivi.
Perchè se fosse per come mi sento durante di certo non correrei.
Sabato scorso ho finito il periodo di stop e ho portato a casa sette km.
Sabato scorso ho annunciato a mio marito  (avrei voluto fotografare la sua espressione) che voglio fare una mezza maratona. Poi l’ho detto ad un’amica, poi ad un’altra.
Poi ho pensato al motivo per cui non sto mai zitta.
Ora in preda ad un raptus lo scrivo qui, sul blog, così mi rovino definitivamente.
SOGNO DI FARE UNA MEZZA MARATONA.
So che potrei crollare. Infortunarmi. Stancarmi. Demoralizzarmi. Mollare definitivamente.
Ma ci voglio provare.
Chi sogna con me?
“La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni” (Pietro Mennea)

 

 

Caro diario…

 
L’ultimo post scritto da Barbara mi ha fatto molto riflettere.
Anche io ho sempre adorato scrivere, era la mia vera passione e poi ad un certo punto ho smesso. Basta, più nulla. Se escludiamo piccole cose qua e lá. Mi sono chiesta perché, che cosa sia successo ad un certo punto della mia vita che mi abbia fatto abbandonare una cosa che così tanto amavo.

Da ragazzina tenevo diari (che ancora conservo!) su cui annotavo qualsiasi cosa mi capitasse o mi passasse per la mente. Portavo questi miei diari pesantissimi ovunque, sempre con me. Quasi fossero la mia copertina di Linus.
(N.d.A. Per rendere l’idea basta prendere un qualsiasi adolescente di oggi è sostituire lo smartphone con penna e diario).
Ero sempre impegnatissima a scriverci descrizioni dettagliate delle mie giornate, a fare disegni, attaccare biglietti e scontrini. Quasi volessi lasciare ai posteri una mia eredità, quasi volessi in qualche modo dare testimonianza della mia vita e della sua importanza. Mi dava sicurezza perché, per una timida come me, era la possibilità immediata e tangibile di comunicare le emozioni che a 16 anni, si sa, sono forti, oscure e sconosciute e spesso fanno paura. Poco importa se alla fine comunicavo solo con me stessa tutte queste cose: scriverle era un modo per liberarle, per dar loro un nome ed un senso che fino a quando restavano imprigionate dentro me non avevano. Era come unire i puntini di un disegno nascosto e riuscire finalmente a vedere e capire di cosa si trattava. Ma soprattutto su quelle pagine scrivevo i miei sogni: ciò che speravo, desideravo, ciò che sarei stata da grande.

Poi ad un certo punto ho smesso.
Come dicevo, questi diari li ho però conservati e, poco tempo fa, sistemando degli scatoloni in mansarda, mi sono capitati fra le mani. È stato bellissimo rileggerli, rileggerMI. Ho rivissuto momenti che avevo dimenticato, in certi punti ho riso fino alle lacrime, in altri mi sono un po’ commossa.

Ed ho capito perché ad un certo punto non sono più riuscita a scrivere.

Scrivere mi obbligava a guardarmi dritto negli occhi, senza possibilità di abbassare lo sguardo o fingere di guardare in qualche altra direzione.

E questa cosa ad un certo punto ha iniziato a farmi paura, perché mi rendevo conto che la mia vita non andava come l’avevo programmata e sognata, che stavo in qualche modo infrangendo il patto fatto con quella ragazzina che passava ore e ore a scrivere sul suo diario. Era mettere nero su bianco che non stavo andando nella direzione che avevo pensato, perché lungo il percorso facevo tante, troppe, deviazioni che quasi mi allontanavano dalla meta finale. Non capivo che invece la parte più importante era proprio quella. Che mi stavo ‘perdendo’ per ritrovarmi e che se anche il traguardo mi sembrava sempre lontano, non era su di lui che mi dovevo concentrare, ma sul percorso, sul cammino.
Solo ora sono riuscita a tornare a scrivere, solo ora che non ho più paura di guardarmi dritto negli occhi, ora che non ho più paura di allontanarmi o di allungare il percorso, perché ora so, che se anche non sono arrivata in fondo, al traguardo che mi ero prefissata, se anche i miei obiettivi strada facendo sono cambiati, non significa che io abbia rinunciato ai miei sogni ed alla possibilità di realizzarli. Anzi, in questo momento i miei sogni sono più vivi che mai!
Significa solo aver capito che più del traguardo, conta la corsa.
Più che delle cose ottenute, della lotta per ottenerle.
Più che della perfezione e di un ordine inesistente, la bellissima confusione della mia vita di ogni giorno.

« Articoli meno recenti Articoli più recenti »

© 2024

Tema di Anders NorenSu ↑

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi